Articolo sul n. 92 di
“Dirigenza Nuova”, Dicembre 2006.
Nascere di Filiale o di
Amministrazione Centrale? Fosse vivente Shakespeare, questo sarebbe il
problema.
Mi pare si vada
diffondendo un senso di appartenenza ad una casta, legato al luogo in cui si lavora.
Chi si adopera per
favorire questa impostazione, oltre che scorretto è ...fuori
moda. Se si va in giro, anche per piccoli paesi, ci si rende conto che le razze
e le culture cominciano a sovrapporsi, fino al punto che comincia ad insinuarsi sempre più nel nostro intimo una domanda: e se
io fossi nato ....? Ribaltando il ragionamento nella Banca d’Italia: e se io
lavorassi a .....?
Ciò posto, io: essere di Filiale
non allineato ma leale; spirito critico e indipendente, penalizzato nei
percorsi di carriera e di residenza; così impegnato nel lavoro (per la Banca
piuttosto che per i miei interessi) da voler andare in pensione con il minimo
(e guai a chi mette mano alla normativa per il 2007!) perché non ne posso più;
io, dicevo, Vi sottopongo qualche riflessione su quale futuro si prospetta,
anche in periferia.
Preliminarmente, in un
momento di forte impegno lavorativo, sento l’esigenza di tutelare il non comune
apporto quotidiano profuso da me e dai miei colleghi, d’ufficio e di filiale,
da responsabilità, anche solo potenziali e future, che si possano adombrare
sull’attività complessiva della Succursale e più in particolare di vigilanza
periferica. Non si dimentichi, infatti, che esplichiamo i nostri compiti con le
dotazioni, sia d’organico sia logistiche, definite dall’Amministrazione
Centrale e secondo l’organizzazione da questa fissata.
Ciò premesso, tenendo
conto dell’esperienza di vigilanza maturata nella Filiale di
Treviso, provincia economicamente alquanto evoluta e caratterizzata da un
elevato tasso di competitività, a tutti i livelli, cerco di proiettare nel
futuro gli scenari già ampiamente presenti nel quotidiano.
La “Vigilanza”, anche
periferica, si trova e si troverà sempre più ad
operare in un contesto sostanzialmente connotato, fra gli altri, dai seguenti
fattori:
intermediari che non hanno più
un’attività esclusiva prevalente (è sempre meno applicabile la suddivisione fra
banche, finanziarie, assicurazioni, ecc.);
soggetti vigilati, sovente organizzati
in gruppi bancari o facenti parti di gruppi societari di dimensioni e
composizioni complesse, con ramificazioni significative all’estero;
internazionalizzazione dell’attività, sia
d’impresa che finanziaria, con collegamenti societari (e soprattutto “d’affari”)
molto sottili e difficili da poter individuare;
numerosità e complessità degli
strumenti finanziari attivabili (in cui sono presenti scadenze contrattuali
troppo lunghe, fino a diverse decine di anni: leggi cartolarizzazioni);
spostamento dei centri di produzione
normativa in consessi ultranazionali in cui sono necessari ampi consensi e
tempi lunghi per pervenire a decisioni applicative; e nei quali si perde
traccia delle pressioni esterne che subisce il “legislatore”;
difficoltà in cui, per quanto
concerne l’ambito normativo, si trovano ad operare gli Organismi di
supervisione a livello mondiale, europeo e nazionale,;
interessi di parte, che
impediscono di pervenire a soluzioni efficaci e razionali circa
l’organizzazione delle Authority;
recente introduzione di
normative di portata epocale (IAS, Basilea II, ecc.), che vanno ad aggiungersi
ad un quadro regolamentare già complesso (tanto da risultare difficile la
sistematizzazione in testi normativi uniformi);
diffusione di aziende specializzate
in tecniche di ingegneria finanziaria che, sollecitate dall’alta remunerazione
della consulenza fornita e dalla mancanza di assunzione di rischio proprio,
offrono agli intermediari soluzioni sempre più complesse, operando arbitraggi
fra le normative dei diversi paesi. Soluzioni costruite, da un punto di vista
tecnico, tenendo conto di tutte le variabili possibili e, da un punto di vista
formale, su una base contrattuale sovente voluminosa (qualche volta
volutamente!) e complessa
(non di rado in lingua inglese oppure tradotta in maniera non precisa, stante
la diversità degli istituti normativi nazionali richiamabili);
mancanza, in qualche caso, per
gli enti vigilati, dell’obbligo di una rappresentazione preventiva, chiara ed organica
relativa a: a) finalità sottese alle operazioni b) collegamenti con gli altri
soggetti; c) motivazione dell’attivazione di specifiche clausole contrattuali;
ecc.;
quadro complessivo, sopra
delineato, nel quale sono teoricamente e potenzialmente possibili comportamenti
irregolari, anche di grande portata, difficilmente pre-individuabili
con l’attuale armamentario posto a disposizione dalla Legge.
In un contesto
così complesso e mutevole, in cui i grandi gruppi societari sono “più avanti”
degli Enti governativi e le organizzazioni malavitose ...vanno a nozze, per
cosa è necessario adoperarsi?
Innanzitutto bisognerà sollecitare la revisione
dell’impianto delle organizzazioni sovranazionali, in vista di un nuovo ordine
mondiale. Bisognerà riscrivere le norme di funzionamento dell’ONU, al cui
interno vanno collocati tutti gli altri organismi di livello mondiale esistenti
(politici, economici, finanziari, commerciali, di ricerca, etici, ecc.).
Contemporaneamente, bisognerà sollecitare, a livello europeo,
l’eliminazione di tutte quelle dispersioni e distorsioni che fanno degli Enti
comunitari una struttura pesante dal punto di vista economico
e normativo, e talvolta troppo invadente persino in aspetti secondari
della vita quotidiana.
Nello stesso tempo bisogna fornire indicazioni autonome e
autorevoli, in campo nazionale, affinché si pervenga a criteri di gestione della cosa pubblica orientati: a) a più ampia rappresentanza
della popolazione; b) a maggiore organicità, gradualità e stabilità negli interventi
di carattere strutturale e normativo; c) alla riforma graduale delle Authority
verso un progetto che, scevro da risibili interessi di bottega, pervenga ad un
Ente unico con diversi Settori, sia per favorire una visione d’insieme delle
problematiche sia per limitare l’impatto normativo ed economico sui soggetti
vigilati; d) alla tutela della gioventù e dei cittadini e, soprattutto, dei
cittadini che si uniformano a comportamenti etico-civili
(piuttosto che non il contrario) e così via. (1)
Sarà opportuno, poi, un
ripensamento della nostra organizzazione in materia di Vigilanza: ispettiva e
cartolare? Intermediari bancari e finanziari? centrale
e periferica? E se sia opportuno che la Vigilanza, anche quella periferica,
debba occuparsi di questioni importanti di auto-amministrazione (sicurezza;
logistica; gestione del personale; ecc.).
In questo contesto, forse, l’ultimo problema è la chiusura delle
Filiali; non la loro razionalizzazione, che è indispensabile.
(1) La parte in nero è stata espunta in sede di
pubblicazione dal responsabile del giornale.