Treviso, 22 marzo 2009
Contributo inviato a “Famiglia
Cristiana” per l’eventuale pubblicazione
Dopo i tanti
articoli e commenti sulla crisi in atto, molti di parte, avendo speso nel mondo
bancario oltre trent’anni della mia vita, invio un mio contributo: la
difficoltà non è consistita nel dire la verità, quanto nell’essere
sufficientemente chiaro e sintetico.
La cultura. I
fatti hanno dimostrato che nell’attività umana l’etica, la morale e la
giustizia sociale non sono insiti. Essi sono piuttosto dei valori a cui tendere
e verso cui educare i singoli e le masse. Basta soffermarsi sulla cronaca nera
di questi ultimi tempi per capire che la crisi in atto è globale non solo
perché interessa tutto il mondo, ma anche perché tocca tutti i campi della vita
(economica, sociale, politica; ecologia, giustizia, formazione, comunicazione,
ecc.); gli uomini e le donne di cultura si sono assoggettati eccessivamente al
potere, economico e non, tendendo ad assecondare le istanze della moda e a
giustificare anche situazioni insostenibili piuttosto che ad elaborare e a
proporre proprie obiettive ed originali teorie.
La storia.
Bisogna tener presente che siamo in un contesto in movimento: è facile
diventare etici quando si è raggiunta la propria realizzazione, anche quando la
si è raggiunta “senza troppi scrupoli”. Ci sarà perciò sempre qualcuno che a
sua volta rivendicherà in qualche modo il diritto di realizzarsi e arricchirsi
disonestamente: necessita una convinta e coerente politica mondiale (ONU?) che
persegua realmente una maggiore giustizia sociale, protesa ad una più equa
distribuzione del benessere in ogni parte della terra.
La finanza. La
crisi mondiale in atto, indotta da diversi fattori, è la risultante di un’unica
sproporzione: il potere pressoché illimitato dei grandi operatori economici
mondiali rispetto agli enti supervisori e ai singoli Stati. Basta pensare che un
gruppo multinazionale non ha limiti dimensionali e può operare ovunque nel
mondo e in qualunque settore (bancario, assicurativo, mobiliare, immobiliare,
societario, ecc.). A fronte di ciò non esiste un unico ente di supervisione
mondiale o nazionale, ma solo meccanismi di coordinamento talvolta su base
volontaria. È evidente, poi, che i primi dispongono di strumenti, di un peso
politico e di una rapidità d’azione che oggi i secondi non hanno. A ciò bisogna
aggiungere il danno derivante non tanto dallo sviluppo di nuove tecniche di
ingegneria finanziaria, quanto dall’aver accettato, a livello mondiale, che nel
mercato fossero considerate lecite e potessero svilupparsi a dismisura vere e
proprie scommesse con scopi esclusivamente speculativi, senza assumere: a)
sufficienti informazioni su chi dovesse pagarle; b) garanzie sul pagamento
finale.
Le banche. Le
banche, a livello mondiale, operano da sempre nel mondo della finanza globale,
soprattutto quelle estere e quelle di maggiori dimensioni. Il sistema bancario
italiano, che ha già vissuto periodi delicati nei primi decenni del 1900, è
stato strutturato in maniera più prudenziale dei sistemi esteri. Ovviamente con
il progressivo adeguamento alla normativa europea c’è stato una corrispondente
modifica delle norme nazionali. Ma il ritardo culturale nell’adeguamento e le
peculiarità della vigilanza della Banca d’Italia hanno costituito sinora
un’ancora di salvezza. Alle banche di credito cooperativo italiane, oggetto
qualche anno fa di pesanti ingiustificate critiche da una parte della dottrina
che le riteneva inutili e superate, è preclusa ad esempio la possibilità di
operare in prodotti derivati speculativi. Per le nostre banche, in ogni caso,
non ci sono stati i massicci interventi di salvataggio già attuati in diverse
altre nazioni: veri e propri esborsi diretti ed immediati di ingente denaro
pubblico.
L’economia. La
mancanza di liquidità, l’andamento negativo delle borse mondiali, il clima di
sfiducia conseguente alle perdite generatesi, la consapevolezza della necessità
di una nuova e più efficiente regolamentazione mondiale hanno comportato una
minore capacità di generare ricchezza e abbassato drasticamente i consumi: a
livello mondiale ci si sta attivando per cercare di invertire la tendenza.
Il Mondo, l’Italia. La
crisi è mondiale e gli effetti che si registrano in un qualunque Paese del
globo hanno ripercussioni in tutti gli altri. Ciò premesso, la situazione
economico-finanziaria italiana sembra attualmente migliore che altrove: la
maggiore propensione al risparmio e, nonostante tutto, alla solidarietà ci ha
reso meno vulnerabili di altri. In questo momento i nostri problemi, forse,
sono più di carattere sociale che economico: limitata identità nazionale;
eccessiva litigiosità politica, dovuta alla scarsa qualità di una larga fetta
di rappresentanti, attirati solo dai vantaggi economici; disgregazione della
famiglia; casualità dell’educazione; mancato governo dell’immigrazione; carenze
nell’istruzione e nella formazione; funzionamento dell’apparato statale e
giudiziario non sempre tempestivo ed efficiente; mancanza di correlazione dei
guadagni ai risultati, anche per politici e funzionari statali; ecc.
Conclusioni. Viviamo
una crisi mondiale con caratteristiche fin qui sconosciute, per la quale
nessuno ha soluzioni certe. Tuttavia, l’esperienza insegna che nei momenti
difficili c’è la necessità di far convergere tutte le energie positive,
abbandonando definitivamente le vecchie e deleterie tattiche tese a
salvaguardare sempre ed esclusivamente i propri interessi, a prescindere dal
livello di ricchezza già raggiunto. Basta guadagni ingiustificati da parte di
chicchessia. In contesti nuovi, poi, bisogna pensare a soluzioni nuove.
Necessita un nuovo progetto educativo globale (famiglia, scuola, stato, mezzi
di informazione ecc.) teso a preservare la gioventù, la famiglia e valori
etico-morali in ogni ambito della vita umana. Necessita un osservatorio
governativo nazionale e/o locale a cui tutti (imprenditori, padri di famiglia,
singole persone) possano poter rivolgersi per essere aiutati nelle loro
necessità e sostenuti nelle loro disgrazie (economiche, sociali, di giustizia,
ecc.). In una nazione o in un contesto sociale civili nessuno mai si dovrebbe
trovare nella situazione di sentirsi abbandonato a sé stesso e in preda alla
disperazione! È in quella disperazione che s’innestano le tante tragedie di cui
sempre più veniamo informati.
Bisogna
pensare a sovvenzioni e interventi in denaro rivolti non a categorie di
cittadini e a pioggia; per le distorsioni presenti, queste soluzioni finiscono
per beneficiare anche chi non ha bisogno. Bisogna intervenire sui singoli
cittadini ed imprenditori in reale difficoltà e non con somme a fondo perduto –
deleterie e controproducenti – quanto con sovvenzioni statali che poi devono
essere restituite nel tempo, in piccole somme a tasso zero, in relazione alle
ricchezze future prodotte.
Ovviamente,
la gestione di un processo del genere richiederebbe cittadini e funzionari
statali equilibrati, competenti, onesti.
Si
ritorna alla parte introduttiva di questa lettera: è questione di cultura, di
educazione e, soprattutto, di mettersi d’accordo (stato, scuola, famiglia,
religione, mezzi di comunicazione, economia, finanza, cultura, politica,
giustizia, ecc.) su quali valori proporre; e non solo alla gioventù, troppo
spesso oggi tradita nelle proprie legittime aspettative!
Cordiali
saluti.